J.J. CALE
J.J. Cale (Jean Jacques Cale) nato a Oklahoma City ma cresciuto a Tulsa, emblema della provincia del Midwest, Cale incarna la quintessenza del musicista lontano dai grandi giri del business musicale, forse dovuto al suo carattere, schivo, indipendente e solitario, è tra i più misconosciuti ma influenti musicisti americani. Tulsa negli anni Cinquanta è un ottimo posto dove mettersi alla prova: poco da fare a parte i bar della città, che
però sono sempre pronti a lasciarti il palco se hai voglia di salirci con una chitarra in mano e far divertire i cow boys che si stanno scolando la loro birra. Cale se li gira tutti, a volte da solo, altre con numerose band di ragazzi come lui o come Leon Russell, che Cale conosce proprio in quei giorni: brani rockabilly in stile Memphis, blues alla maniera di Clarence "Gatemouth" Brown e Billy Butler e poi ancora la voglia di fare il verso a Chet Atkins, Les Paul o Chuck Berry. Questa è la sua palestra in quei primissimi anni. Nel 1959 prova ad andare ad annusare l'aria di Nashville dove la compagnia di giro Grand Ole Opry lo scrittura ma dura poco e dopo una manciata di mesi torna a casa: troppo diverso il suo sound da quello che cerca la Dot Records e allora Cale restituisce la Mustang a Snuff Garrett, il boss della Liberty Records che aveva già scoperto Bobby Vee e stava lavorando con Gary Lewis e Brian Hyland, e si riunisce di nuovo con Russell. I due decidono allora nel 1964 di provare il salto a Los Angeles in compagnia di un altro ragazzo di Tulsa, Carl Radle. Nella città degli angeli Cale conosce Jimmy Karstein, che in seguito suonerà nella sua band, si convince che non è certo fatto per alzarsi la mattina e andare in ufficio e che è decisamente meglio essere pagato anche poco per salire su un palco, si mette alla prova nel leggendario Whiskey A-Go-Go (il cui proprietario, Elmer Valentine, gli suggerisce di cambiare nome appunto in J.J. Cale). È in questo 1965 che Cale pensa e incide uno dei suoi pezzi mitici, "After Midnight": il brano passa quasi inosservato e nemmeno Cale si rende conto di cosa ha composto, visto che subito dopo si mette a suonare con Delaney & Bonn e poi forma con Roger Tillison i Leathercoated Minds, la band con cui registra un album di rock psichedelico intitolato "A Trip Down Sunset Strip". Ma il richiamo di Tulsa è ancora forte e Cale torna nella sua città dove lo attende la sorpresa di "After Midnight": le leggende sulle vie per le quali Eric Clapton sia arrivato a mettere le mani sul pezzo si sprecano: forse l'ha sentita su un nastro al tempo in cui suonava con Carl Radle e Delaney & Bonnie; secondo Garrett sarebbe stato Jerry Ivan Allison, già batterista di Buddy Holly, a parlarne a Clapton una sera in cui erano in giro per sbronze; secondo Cale sarebbe stata addirittura sua madre a mandare la registrazione del pezzo a Clapton; o forse è vero che è stato proprio Delaney a dire a Clapton che qualcuno doveva necessariamente fare una cover di "After Midnight". Di fatto sta che il brano finisce nelle mani di Clapton e Cale non presta molta attenzione alla cosa fino a quando non la sente girare per le radio di Tulsa: non aveva mai sentito una sua canzone alla radio, e "After Midnight" entra nella Top 20 nell'autunno del 1970. Audie Ashworth alza la cornetta del telefono, chiama Cale e gli dice che è ora di fare un album completo: Cale non ha i pezzi ma qualche mese dopo richiama Ashworth e gli dice che l'album è pronto. "Naturally" esce nel 1971 ed è un disco di gran classe, con pezzi immortali (come i blues di "Crazy Mama" e "Call Me The Breeze" di cui si appropriano i Lynryrd Skynyrd per l'ennesima di moltissime cover dei suoi pezzi, o la ballad di "Magnolia") e un marchio di fabbrica che rimarrà negli anni: quel sound misurato, pacato, mai sopra le righe, con la linea melodica che si fonde con quella ritmica a creare un continuo morbido e senza spigoli. È nata anche l'etichetta di laid back che Cale si porterà dietro tutta la vita, pur con tutti i fraintendimenti del caso: coincidenza o meno questa espressione comincia a diventare di uso comune proprio quando esce "Naturally" ma per Cale non è certo sinonimo di lentezza, come molti pensano; è anzi una disposizione mentale nel fare musica con qualsiasi tempo, è una questione di approccio al pezzo che si sviluppa in quegli anni in cui i LP sono saturi di suite dai titoli chilometrici e Cale torna al minutaggio canonico della canzone, concedendosi il lusso di allungare i suoi pezzi a 4 minuti facendo della misura una virtù. Come succede con i titoli dei suoi LP, spesso composti di poche se non una singola parola. Il successo di "Naturally" lo spinge a mettersi subito al lavoro per un seguito, "Really" che mischia country e rhythm & blues, ed è solo con "Okie" (1974) che Cale torna a lucidare le sue perle: "Cajun Moon", "Anyway The Wind Blows" su tutte. "Okie" è anche il disco che segna la sua decisione storica di distillare con parsimonia i suoi lavori, tenendosi il più lontano possibile dai meccanismi del music – business (le sue interviste saranno rarissime, e quasi mai si lascerà andare a racconti personali, concentrandosi soprattutto sulle questioni tecniche del fare musica più che sui significati delle sue canzoni): ritrasferitosi nuovamente a Nashville torna nel 1976 con "Troubadour", l'album che contiene non solo "Hey Baby" ma soprattutto "Cocaine" in seguito resa celeberrima dalla versione di Eric Clapton. "#5", il suo ultimo album con la Shelter si avvicina molto alla popolarizzazione del genere che ne stavano dando di Dire Straits ma è solo un episodio perché Cale si trasferisce ancora una volta in California, per dare alle stampe "Shades" e soprattutto "Grasshopper", probabilmente il suo album di maggior successo commerciale grazie alle hit "City Girls", "Devil In Disguise" e "Don't Wait". Dopo l'uscita di "#8", il suo primo album a non entrare in classifica (nonostante la presenza di Richard Thompson e di Mark Knopfler), Cale decide di lasciare la Mercury e di nascondersi a vita ritirata dalla quale emerge solo sei anni dopo, nel 1989 con "Travelog", un viaggio ruvido nella sua America profonda pubblicato per la Silvertone, un'etichetta indipendente inglese. Ormai le sue uscite discografiche si fanno sempre più rare, distillate con lunghe pause a partire da "#10" che pur non raggiungendo le classifiche riporta in auge la sua figura di artista di culto. Dopo altre due pubblicazioni negli anni Novanta ("Close to You" del 1994 e due anni dopo "Guitar Man") Cale torna in una sala di registrazione solo nel 2003 per confezionare "To Tulsa And Back", disco che dopo oltre 40 anni di carriera dimostra come il suo inconfondibile sound non sia stato scalfito dal tempo.
Discografia:
1966 - A Trip Down The Sunset Strip (con i Leathercoated Minds)
1971 - Naturally
1973 - Really
1974 - Okie
1976 - Troubadour
1979 - 5
1982 - Shades
1983 - Number 8
1990 - Travel Log
1992 - Number 10
1994 - Closer To You
1996 - Guitar Man
1997 - Anyway The Wind Blows
2001 - J.J.Cale live
2004 - To Tulsa And Back
2006 - The Road To Escondido (con Eric Clapton)
2007 - Rewind
2009 - Roll On